Pubblicato su politicadomani Num 88 - Febraio 2009

Dentro il polmone nord di Napoli
Il Parco della Selva di Chiaiano

La speculazione edilizia, legale e illegale, e la destinazione di una parte della Selva a discarica, diversamente da quanto previsto nel Piano Territoriale Regionale (STS C8), sono un danno per l’ambiente e una minaccia alla vivibilità di un’area storica e paesaggistica su cui gravitano 2 milioni di abitanti, ma sono

a.g. & m.m.

La zona del giuglianese di cui Marano fa parte ha un’antica e profonda tradizione agraria. L’attività agricola è legata alla produzione di frutta: pesche (percoche) albicocche, ciliegie, prugne, susine ecc... È questo tipo di agricoltura che ha costituito negli ultimi secoli l’economia dell’area.
Il boom edilizo, legale e illegale, in cui essa è stata coinvolta tende invece (e in parte ci è riuscito) a farla diventare un’area residenziale monofunzionale. Ciò che una volta era una distesa di verde, lussureggiante di preziose piante da frutto, è ora diventata un’enorme periferia di 300.000 abitanti, se consideriamo i sette comuni nord-occidentali della provincia di Napoli: Giugliano, Qualiano, Marano, Villaricca, Calvizzano, Mugnano e Melito.
L’area, di antica memoria storica, posta tra gli insediamenti Oschi e i relativi sentieri, è strutturata urbanisticamente con il metodo della centurazione romana (augustea e oltre) che consisteva nel delineare con una riga e una squadra lo schema urbanistico geometrico della pianta di una città o di un territorio agricolo, ogni volta che in esso i Romani stabilivano una nuova colonia.
Si tratta di un territorio delicato dal punto di vista geologico e idrogeologico. A sud confina con la caldera dei Campi Flegrei, caratterizzata da alto rischio vulcanico, e con la collina dei Camaldoli anch’essa fragile per il suo delicato equilibrio idreogeologico. Tutta l’area, che secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Sezione Osservatorio Vesuviano è “ad elevato rischio vulcanico, è abitata da circa 350.000 persone, nella sua parte attiva, e da circa 2 milioni di persone nelle aree circostanti”.

Il Piano STS C8
Il Piano Territoriale Regionale, per la prima volta realizzato dalla legge Urbanistica del 1942, dà all’area la seguente destinazione e/o vocazione:
Relativamente al Piano (STS C8) l’area giuglianese, comprendente i comuni di Calvizzano, Giugliano in Campania, Marano di Napoli, Mugnano di Napoli, Qualiano, Villaricca , viene definita “a dominante rurale-manifatturiera”. Caso a parte nel Piano è il comune di Giugliano la cui presenza all’interno del STS C8, viene definita problematica sia per il suo degrado territoriale e sociale, sia per la sua vastità.
Un territorio, quindi, che per motivi di carattere ambientale e sociale presenta una criticità che, pur essendo rilevata, non è associata ad alcun punteggio negativo che possa dare un’idea della misura di questa criticità. La mancanza di punteggio si riferisce anche al rischio idrogeologico collegato alla criticità della collina dei Camaldoli.
Il Piano Territoriale regionale prediligere interventi di sistema, interventi cioè che vanno ad impattare il meno possibile sul territorio: interventi leggeri, che puntano alla tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, e alla riqualificazione dei centri e delle periferie, volti ad eliminare carenze infrastrutturali e insufficienza dei servizi.
Il piano presenta aspetti positivi e negativi.
Bene la perimetrazione, anche se sarebbe opportuno aggiungere il comune di Melito di Napoli nel STS C8, per la presenza di alcuni progetti comuni (L. 328). Tuttavia la dominante rurale manufatturiera non è sufficiente a rappresentare l’intero territorio. Meglio sarebbe sostituire il termine “manufatturiero” con “produttivo”, aggiungendo inoltre a questo la definizione di terziario, dovuta alla presenza sia della grande distribuzione commerciale, sia della piccola e media distribuzione, oltre che di uffici e servizi.
Quanto ai pesi della matrice strategica, non sono adeguati.
Per le zone rurali, il Piano prescrive norme per la salvaguardia e il mantenimento all’uso agricolo sia delle aree rurali attorno ai centri abitati, sia di quelle esistenti nelle città, riconoscendo ad esse valore di spazi aperti multifunzionali in ambito urbano e, localmente, il valore di zone di mitigazione del rischio vulcanico e idrogeologico.
Traspare dal Piano la preoccupazione di mantenere la continuità dei paesaggi rurali di pianura, di costituire un’interfaccia riconoscibile e di elevata qualità ambientale e paesaggistica tra le aree urbane e il territorio rurale aperto, di sottoporre a regole precise l’edificabilità rurale, in accordo con i punti specifici degli “Indirizzi di carattere generale di salvaguardia del territorio rurale e aperto” contenuti nel Piano stesso.
È chiaro, da questa impostazione, che il Piano indica come strategico l’aspetto agricolo, oltre a quello produttivo manifatturiero, e che si cerca di evitare una “deriva” territoriale di ghetto-dormitori, costituito da un’edilizia sia legale che abusiva.

Uno sviluppo diversificato del territorio
La tutela, però, non è sufficiente, bisogna che a questo punto si inseriscano strumenti urbanistici mirati i quali non soltanto vincolino, ma diano uno sviluppo diversificato del territorio.
L’agricoltura consente attività lavorative in loco che hanno come scopo:
1. il recupero delle antiche forme di coltivazione con una produzione a “distanza zero”;
2. il mantenimento dei terreni collinari, come la Collina dei Camaldoli, con opere di micro manutenzione volte ad evitare rischi idrogeologici, per garantire innanzi tutto la permanenza dei cosiddetti polmoni verde in aree fortemente urbanizzate quali sono appunto Napoli e la sua Provincia, ma anche per favorire attività di fuori porta come agriturismo, passeggiate domenicali, attività scolastiche integrative, ed altro.
Recupero, mantenimento, tutela degli spazi verdi e qualità della vita, sono proprio questi gli obbiettivi della Legge Regionale del Parco Metropolitano delle Colline di Napoli.
Il tutto però è perimetrato nel confine del Comune di Napoli, come era già previsto dalla Variante di Salvaguardia del Comune di Napoli, che puntava alla salvaguardia delle aree verde sopravvissute alla speculazione edilizia che ha avuto luogo nel Comune.

La proposta: Marano nel perimetrato di Napoli
La proposta del consigliere Regionale Antonio Scala è quella di includere nel perimetrato i 500 ettari di territorio del comune di Marano perchè contiguo e omogeneo a quello napoletano: due aree, una di 350 ettari e l’altra di 150.
La prima si affaccia sulla conca del Comune di Quarto e raccoglie al suo interno:

  1. il bosco della Salandra, un bosco di Castagno ceduo che ha sempre avuto un ruolo importante per l’economia dei luoghi. Da esso si ricavavano i materiali per le ceste, per le scale agricole, per i forni del pane e per il riscaldamento domestico, i tutori di uso agricolo. Attività artigianali tipiche e di lunga tradizione;
  2. il sistema dei canaloni, che sono importantissimi per l’equilibrio idrogeologico della collina;
  3. numerosi siti archeologici e monumentali come:
    1. L’eremo di Pietra Spaccata, chiesetta rupestre realizzata su preesistenti grotte di probabile origine neolitiche,
    2. Torre Caracciolo, castello aragonese;
    3. Cupa Pendine e Orlando, tratti di strade antiche (della consolare Campana) scavate a solco nella roccia tufacea e ricche di presenze archeologiche,
    4. località Marmolite, dove si trova l’unico affioramento di tracheite nella area di rivestimento tufaceo e lapillico
    5. il castello Belvedere, l’unico esempio di Castello Federiciano, posto alla fine di Marmolite, sul versante occidentale
    6. resti di ville rustiche romane, sparse sul territorio.

La seconda area di 150 ettari è collocata a monte del centro abitato e quindi garantisce, se ben conservata e mantenuta, una difesa all’abitato posto a valle. L’area è continua alle aree boschive e agricole di Chiaiano. Sono quelle delle cave dove una di esse ha il triste destino di essere adibita a discarica.
La tutela di un parco di questo tipo è anche garanzia per un processo di bonifica ambientale. Ora, invece, in particolare negli ultimi trent’anni, le cave abbandonate che fanno parte del parco, sono diventate sversatoio di rifiuti abusivi.
Per ottenere che la legge del Parco Metropolitano delle Colline di Napoli includa anche questa parte bisogna che il Consiglio del Comune di Marano di Napoli produca uno specifico atto consiliare, cosi come fece dieci anni fa il Comune di Napoli. Lo farà? Molti sono gli interessi privati in queste aree in modo particolare quelle meno ripide su cui si stanno sviluppando piani edilizi legali e non legali.
Parte di queste aree sono state vincolate dal Vincolo Paesaggistico della legge 1497/39 e, nel vecchio PRG ancora vigente, hanno prevalentemente una destinazione agricola. Ma il tarlo che le corrode è l’abusivismo, edilizio e non solo.

 

Homepage

 

   
Num 88 Febbraio2009 | politicadomani.it